mercoledì 10 ottobre 2012

il Capitano Cook incontra Roberto Dell'Era

In occasione della rassegna musicale che si svolge al Carroponte di Sesto San Giovanni per tutto il periodo estivo, Roberto Dell'Era stasera salirà sul palco accompagnato dai Judas [Rodrigo D'Erasmo - violino e chitarre, Milo Scaglioni - basso, Alessio Russo - batteria, Lino Gitto - tastiere].
Disponibile e simpatico ci ha raccontato alcune cose di lui, seduti al fresco su una panchina, poco prima di iniziare a suonare...

Ciao Roberto, vuoi parlarci di “Colonna sonora originale”, il tuo primo progetto solista, che ancora promuovi a circa un anno dalla sua uscita?
Si, è un “never ending tour”, finché non uscirà il mio prossimo disco! 

Intanto stasera abbiamo aggiunto due nuovi pezzi che non abbiamo mai suonato dal vivo e che presentiamo in questa occasione.


Sei soddisfatto del riscontro che ha avuto?
Direi di si, tutto sommato al di là delle aspettative. Ho avuto molti consensi da parte delle radio, grandissime recensioni, alcuni brani in alto nell'indie music like...quindi mi ritengo soddisfatto. Il fatto di essere un membro degli Afterhours mi ha permesso di aprire qualche porta. Ciò in certi casi può essere un’arma a doppio taglio, in quanto potrei essere considerato il figlioccio di una band che ha una entità molto forte e potrebbe essere scontato il fatto che sono bravo solo perché faccio parte degli Afterhours, il che non è assolutamente vero. Infatti nel mio progetto non vi è alcun riferimento musicale che possa ricondurre allo stile degli After. 

La decisione di utilizzare sonorità riconducibili ad un sound sixties è stata una esigenza legata a questo progetto particolare oppure è il genere musicale che più preferisci e senti tuo?
E’ il tipo di suono che preferisco, anche se non lo ritengo neo-sessanta o super british. Lo ritengo il mio suono nuovo e attuale, quello che mi piace. nell’immaginario culturale parlare di suono anni sessanta fa pensare a qualcosa di datato, che appartiene al passato. per me invece è semplicemente un suono, come lo potrebbe essere l’hip-hop, che, anche se lo si ascolterà fra vent’anni non è detto che sarà considerato vecchio o datato. E’ un suono che gode di una sua entità ben specifica.

Vuoi parlarci dei tuoi esordi e del percorso artistico prima di entrare a far parte degli Afterhours? Come e dove nasce Roberto Dell'Era artisticamente?
Ai tempi feci un corso di chitarra all’oratorio che frequentavo da piccolo, nel quale c’era un teatro che, come scoprii più tardi, veniva affittato e utilizzato dalla Ricordi come sala di registrazione per i propri artisti. Ci lavorò anche Lucio Battisti! Ero refrattario alla scena musicale milanese, non mi piaceva nessuno e non avevo molti amici musicisti. Preferivo i negozi di dischi alle band, odiavo le sale prova, odiavo l’ambiente, insomma, mi stavano un po’ tutti sui coglioni.
Andai all’estero ed iniziai a darci dentro: stetti un anno in Irlanda, poi in Inghilterra. Mi liberò molto artisticamente e mi sentii perfettamente a mio agio in quella situazione, trovai intorno a me l’humus adatto a ciò che avevo in mente di fare. cominciai a suonare in numerose band, tra le quali alcune importanti con l’aspettativa di fare il botto. Rimasi circa dieci anni lì e feci la mia gavetta.

Gli Afterhours hanno pubblicato a distanza di 4 anni dal precedente il loro nuovo lavoro, Padania, avviando di conseguenza un intenso tour. Come riesci a gestire i tuoi impegni solistici insieme a quelli con il gruppo?
Gli After sono una mosca bianca nel panorama musicale, non c'è una band in Italia paragonabile a loro. Esistono da così tanto tempo, in lenta ascesa, si rinnovano costantemente. Il loro punto di forza è Manuel che ha un grande senso di responsabilità, un modo particolare di dispensare le energie, sembra quasi ossessionato dal suo lavoro.
Con i concerti è un vero delirio! Credo che quest’anno farò il record della mia vita. Ovviamente gli Afterhours hanno la precedenza assoluta, però avere un tour in progress ha limitato le mie possibilità di fare concerti in posti interessanti, come i festival, dove la gente viene non solo per te ma segue un certo tipo di mondo musicale. Mi sono adattato ad altre situazioni che comunque mi hanno soddisfatto. Ho suonato praticamente dappertutto e, anche farlo in un pub in provincia di avellino con cinque persone che si innamorano del disco su 80 presenti è una bella soddisfazione.
In tarda età continuo a fare canzoni sui treni, con grande orgoglio (ride).

Da quello che fai si percepisce chiaramente che non sei un artista esordiente, alle prime armi, ma che possiedi un bagaglio di esperienza notevole.
Certo mi piacerebbe avere ancora vent’anni, nel senso che avrei molto più tempo davanti per portare a compimento altri progetti. Non credo però che a quell’età avrei potuto realizzare un lavoro del genere. Infatti la maturità raggiunta nel disco è frutto dell’esperienza acquisita nel tempo. In Italia è difficile per un artista di vent’anni possedere già le conoscenze necessarie per mantenere il controllo di un lavoro così complesso sia dal punto di vista sonoro che da quello tecnico, in quanto non ci sono le condizioni per acquisire le competenze. In inghilterra è completamente diverso...


Parlaci del “cortometraggio” che hai realizzato per il brano "Le parole"
Ho usato il termine “cortometraggio” in relazione al titolo del disco che è colonna sonora originale. Ovviamente è un videoclip, ma mi piaceva l’idea di vederlo come un mini film di Roberto Dell'Era. E’ stata una avventura bellissima lavorare al video, prodotto insieme a Giorgina Pilozzi, che aveva proposto di fare una sorta di omaggio a i 400 colpi di Francois Truffaut senza però creare riferimenti al film. Il piccolo Ian Sassanelli, il bimbo che ha recitato nel video, ha rappresentato il mio alter ego ed è stato bellissimo lavorare con lui.
E’ il primo lavoro in ambito cinematografica che abbiamo realizzato e mi ha soddisfatto molto, così come aver scelto il bianco e nero. Il corto è piaciuto moltissimo anche a tanta gente dell’ ambiente.
Suoni in tante situazioni diverse, in duo, con la band, da solo. Qual’é quella che preferisci?
Dal vivo non ho una preferenza particolare. Mi trovo bene sia con i Judas, che da solo o in duo con Rodrigo. Anzi, con Rod si e’ creata una bellissima intesa e mi piace molto suonare con lui, perché mi lascia molto spazio, capisce al volo le mie intenzioni e sa supportarmi adeguatamente.

Progetti Futuri?
Sicuramente realizzerò un nuovo disco, ma non so ancora quando. Ho in cantiere molte idee, che al momento opportuno verranno sviluppate e vedranno sicuramente la luce.









Carroponte Sesto San Giovanni (MI), agosto 2012


*grazie a Noelia Suarez per le foto

**intervista in collaborazione con Massimo Miriani ed Andrea Furlan



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